I contratti prematrimoniali a Milano, come nel resto d’Italia, non sono ancora legge, ma potrebbero diventarlo presto. Il Governo, infatti, vorrebbe introdurli con un disegno di legge delega. La proposta governativa è ora all’attento esame del Senato e della Camera. È da molti anni in realtà che nel nostro Paese si parla di patti prematrimoniali, ma fino ad oggi le proposte sono cadute nel dimenticatoio, nonostante più di sei italiani su dieci siano favorevoli alla loro introduzione. Secondo il pensiero comune, infatti, gli accordi prematrimoniali possono essere un valido strumento per evitare problemi al termine di una relazione.
Patti prematrimoniali a Milano, cosa sono
Gli accordi prematrimoniali, ricorda il blogger Marco Gasparri, sono dei contratti stipulati dai coniugi (in forma di atto pubblico redatto da notaio e alla presenza di due testimoni) per disciplinare preventivamente i loro rapporti patrimoniali in caso di separazione, divorzio o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Lo scopo è molto chiaro: aggirare le difficoltà che spesso si presentano quando un matrimonio arriva al capolinea. La fine di una relazione nella maggior parte dei casi, infatti, è accompagnata da una buona dose di conflittualità, che di certo non aiuta a raggiungere un accordo in grado di soddisfare le esigenze di entrambe le parti.
La stipulazione di tali patti non intacca i diritti e gli obblighi inderogabili che derivano dal matrimonio, vale a dire il dovere di assistenza morale e materiale, il diritto agli alimenti, l’obbligo di mantenimento dei figli minori o maggiorenni, ma non ancora autosufficienti dal punto di vista economico. I contratti prematrimoniali, infatti, consentiranno di stabilire, prima della contrazione del vincolo, l’entità dell’assegno di mantenimento, la divisione della casa coniugale e i criteri per l’educazione dei figli.
Patti prematrimoniali a Milano, a che punto siamo in Italia?
Va detto che l’Italia è tra le poche nazioni occidentali a non prevedere i patti prematrimoniali, mentre nei Paesi anglosassoni sono una realtà oramai consolidata. Anche alcuni Paesi europei li ammettono già da tempo. Il disegno di legge delega vuole aggirare il divieto che in Italia, ha fino ad oggi comportato la nullità di tali accordi, che, di fatto, ha impedito alle coppie di calcolare preventivamente i rischi della separazione, come appunto la divisione dei beni e degli arredi acquistati, la misura dell’assegno di mantenimento, la convivenza con i figli, l’assegnazione della casa coniugale.
Questo ritardo si spiega, almeno in parte, con l’atteggiamento molto conservatore della Corte di Cassazione, ma anche in virtù del fatto che in Italia il matrimonio non è un contratto, piuttosto una dichiarazione fatta davanti a un ministro del culto religioso o a un ufficiale di Stato civile, con la quale gli sposi manifestano la loro volontà di costituire una famiglia. Dal matrimonio tuttavia scaturiscono diritti e doveri.
Questo rapporto è diverso da quello che nasce da un contratto perché a differenza di quest’ultimo non può essere regolato dalle parti, ma esclusivamente dalle leggi dello Stato. L’obiettivo dei contratti prematrimoniali, quindi, è di superare questa rigida ripartizione in modo da consentire ai coniugi di poter stabilire prima le conseguenze di un’eventuale separazione. Questo però non significa che i futuri sposi potranno derogare ai diritti e ai doveri che competono loro durante il matrimonio. Ad esempio non potranno autorizzarsi alla reciproca infedeltà o fissare la frequenza dei rapporti sessuali (come accade in America) o ancora esonerare uno dei due coniugi dall’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia. I patti prematrimoniali sui quali si sono accordati dovranno sempre essere conformi alle norme imperative, cioè ai diritti fondamentali della persona umana, l’ordine pubblico e il buon costume.
Consentire di stringere accordi prematrimoniali potrebbe quindi essere una scelta tesa a valorizzare la libertà, l’impegno e la tutela dei coniugi.