Nell’ordinamento giuridico italiano il riciclaggio è un reato. Vigono, infatti, almeno quattro fattispecie incriminatrici che rendono penalmente perseguibili le condotte di riciclaggio o mimetizzazione di proventi illeciti:
Art. 648 bis del codice penale incrimina il riciclaggio di denaro, da parte di chi non ha concorso a commettere il reato da cui il denaro proviene. Per riciclaggio s’intende qui essenzialmente la sostituzione o il trasferimento di denaro con altro denaro, in modo da cancellare le tracce della provenienza illecita;
Art. 648-ter del codice penale incrimina il reimpiego del denaro di illecita provenienza. Con il reimpiego s’intende l’uso per investimenti del denaro illecito;
Art. 648-ter.1 del codice penale incrimina l’autoriciclaggio, vale a dire la condotta di riciclo da parte di chi ha commesso il reato sottostante;
Art. 512-bis del codice penale incrimina l’intestazione fittizia di beni e denaro.
Il delitto di riciclaggio può sembrare simile a quello di ricettazione, ma se ne differenzia per un aspetto fondamentale. La ricettazione, infatti, ricorda Bruno Mafrici, consiste nell’acquistare o ricevere a qualsiasi titolo un bene di provenienza illecita, mentre il riciclaggio consiste sì nell’acquisto o ricezione di denaro o altre utilità, ma è aggravato dal compimento di attività volte a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa.
Destinatari della normativa antiriciclaggio: leggiamo sul blog di Bruno Mafrici cosa lega a Milano le fattispecie di obbligo
La normativa in materia di antiriciclaggio coinvolge molte società e professionisti, definiti anche “soggetti obbligati”, quali:
Intermediari bancari e finanziari (le banche, le Poste Italiane, gli istituti di moneta elettronica, le società di intermediazione mobiliare, gli agenti di cambio, le società di gestione del risparmio, ecc.)
Altri operatori finanziari (società fiduciarie, mediatori creditizi, agenti in attività finanziaria, ecc.);
Professionisti (ragionieri, dottori commercialisti ed esperti contabili iscritti all’Albo professionale, periti, notai, avvocati, consulenti del lavoro, ecc.);
Altri operatori non finanziari (soggetti che esercitano attività di commercio di cose antiche; prestatori di servizi relativi a società o trust, soggetti che esercitano attività di case d’asta o galleria d’arte, le attività di compro oro, ecc.);
Prestatori di servizio di gioco (operatori di gioco online, operatori di gioco su rete fisica, soggetti che gestiscono case da gioco);
Altri soggetti (pubbliche amministrazioni, società di gestione, società di gestione accentrata di strumenti finanziari, ecc.).
Gli obblighi a carico dei professionisti sono:
Obbligo di adeguata verifica della clientela;
Obbligo di registrazione e conservazione dei dati;
Obbligo di segnalazione delle operazioni sospette;
Obbligo di formazione del personale.
Quali sono le sanzioni amministrative connesse alla violazione degli obblighi di adeguata verifica
Per l’inosservanza delle disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria di 2. 000 euro. La sanzione può essere ridotta da un terzo a due terzi, per le violazioni di minore gravità. In caso di violazioni gravi, ripetute, sistematiche o plurime, l’importo della sanzione base sale a 2.500 euro a 50.000 euro.
I soggetti obbligati che si trovano nell’impossibilità oggettiva di effettuare l’adeguata verifica, e non si astengono dal compiere le operazioni o la prestazione professionale, rischiano una sanzione pari a2.000 euro o, nei casi di violazioni gravi, ripetute, sistematiche o plurime, da 2.500 a 50.000 euro.
La sanzione penale invece prevede la reclusione da 6 mesi a 3 anni.
Come viene punita l’omessa segnalazione di operazioni sospette
Per chi omette di effettuare una segnalazione di operazioni sospette è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria di 3.000 euro. In caso di violazioni gravi, ripetute, sistematiche o plurime, la sanzione va da 30.000 a 300.000 euro.
Blog per avvocato, è Bruno Mafrici a spiegare le e sanzioni amministrative e penali nel caso di violazione degli obblighi di riciclaggio
L’art. 5 del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90, ha modificato integralmente il titolo V del previgente D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, predisponendo nuove disposizioni, contenute negli artt. da 55 a 69, suddivise in due Capi, rispettivamente dedicati alle sanzioni penali e alle sanzioni amministrative.
Nello specifico, il Decreto ha apportato delle modifiche circa l’aggravamento delle sanzioni in relazione alla violazione dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette disciplinato dagli articoli 35 e seguenti del nuovo D.Lgs. 231/2007.
Cosa è necessario fare?
La ratio della modifica sta nel fatto che si è reso necessario un intervento legislativo capace di aggiornare il sistema sanzionatorio. Tale aggiornamento ha tuttavia limitato l’ambito soggettivo di applicazione delle sanzioni amministrative e penali nel caso di violazione degli obblighi di riciclaggio circoscrivendo la previsione di fattispecie incriminatrici alle sole condotte di grave violazione degli obblighi di adeguata verifica e di conservazione dei documenti, commesse attraverso frode o falsificazione, e di violazione del divieto di comunicazione dell’avvenuta segnalazione, prevedendo sanzioni penali adeguate alla gravità della condotta (https://ntplusfisco.ilsole24ore.com/art/riciclaggio-arrivo-sanzioni-piu-severe-AEyCNIb) .
Dunque, a seguito della riforma sono diminuite le fattispecie incriminatrici tuttavia sono state inasprite le sanzioni penali, prevedendo fattispecie punite con la reclusione sino a tre anni e con multe sino a 30.000 euro.
Le sanzioni penali
Nella specie, le sanzioni penali per i relative violazioni agli obblighi possono essere così distinte: obblighi di adeguata verifica. Per questo tipo di violazioni, l’ordinamento prescrive che il soggetto obbligato che contravviene agli obblighi di adeguata verifica, falsificando dati ed informazioni interessanti il cliente, sia al titolare effettivo, all’esecutore, e alla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale e all’operazione è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 30.000 euro. Alla medesima pena soggiace colui che è tenuto all’osservanza di obblighi di adeguata verifica, in occasione dell’adempimento dei predetti obblighi, utilizza dati e informazioni falsi relativi al cliente, al titolare effettivo, all’esecutore, allo scopo e alla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale e all’operazione.
Ancora, ci sono gli obblighi di conservazione. In questo senso, il soggetto obbligato, che è vincolato all’osservanza degli obblighi di conservazione, il quale acquisisce o conserva dati falsi o anche informazioni non vere sul cliente, sul titolare effettivo, sull’esecutore, sullo scopo e sulla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale e sull’operazione ovvero si avvale di mezzi fraudolenti al fine di pregiudicare la corretta conservazione dei predetti dati e informazioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 30.000 euro.
In ultimo, il legislatore ha previsto che colui che viola gli obblighi inerenti i divieti di comunicazioni inerenti le segnalazioni di operazioni sospette, viene punito con l’arresto da sei mesi a un anno e con l’ammenda da 5.000 euro a 30.000 euro. Per completezza, è bene chiarire cosa si intenda per divieto di comunicazione inerenti le segnalazioni di operazioni sospette: è fatto divieto ai soggetti tenuti alla segnalazione di un’operazione sospetta e a chiunque ne sia comunque a conoscenza, di dare comunicazione al cliente interessato o a terzi dell’avvenuta segnalazione, dell’invio di ulteriori informazioni richieste dalla UIF o dell’esistenza ovvero della probabilità di indagini o approfondimenti in materia di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
Le sanzioni amministrative
La novità del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90 sta nel fatto che si è dato un nuovo impianto sanzionatorio anche per quanto riguarda le sanzioni amministrative pecuniarie. Infatti le restanti fattispecie prevedendo l’oscillazione dell’entità della sanzione entro un range ragionevole nonché la relativa graduazione in funzione del grado di responsabilità e della capacità patrimoniale della persona fisica o giuridica autrice della violazione.
Nella specie, gli artt. 56, 57 e 58 tipizzano le sanzioni amministrative comminate a fronte della violazione degli obblighi di adeguata verifica, conservazione e segnalazione di operazione sospetta. Ad esempio per quanto riguarda la violazione degli obblighi di conservazione dei dati, dei documenti e delle informazioni previsti dal previgente D.lgs. 231/2007, il legislatore ha previsto la sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 2.000 euro. Mentre nei casi di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 50.000 euro. C’è da dire che la sanzione può essere ridotta da un terzo a due terzi, per le violazioni di minore gravità. Quando si parla di gravità della violazione, ai fini della riduzione della sanzione: dell’intensità e del grado dell’elemento soggettivo, del grado di collaborazione con le autorità, della rilevanza ed evidenza dei motivi del sospetto e della reiterazione e diffusione di comportamenti.
In ogni caso l’art.. 69 introduce espressamente il principio d’irretroattività della norma più sfavorevole e l’applicazione del regime del favor rei.